E” con immenso piacere che ospito il racconto dell’ amico Salvatore. calabrese doc, trapiantato nelle lande desolate padane.

San Marco Argentano, 17 agosto 2012.

Follia è la parola con cui comincia questa nostra visita all’ azienda L’Acino Vini che ha sede in questo bellissimo paese dell’entroterra calabrese. Antonello ci accoglie con la sua splendida chioma corvina e, mentre ci accompagna ai suoi sei ettari di vigna piantati fra queste colline dolci, levigate da un vento leggero e costante, ci confessa che spesso gli capita di pensare che ha commesso un atto di follia. Ha lasciato la carriera di regista per dedicarsi alla vigna e lo ha fatto senza avere nessuna eredità da curare, nessuno studio alle spalle, ma solo tanto amore per questa terra: per la sua terra.
Noi gli diciamo che il folle ha sempre un vantaggio sul savio: il folle non ha coscienza della propria pazzia.
Ci parla della sua ammirazione per i dipendenti pubblici, sempre troppo bistrattati, e di come è difficile fare il vignaiolo in Calabria, perché qui questo mestiere non conferisce né onore, né rispetto, ma al massimo una infastidita indifferenza.
Il terreno su cui cresce la vigna di Antonello è sabbioso, per niente compatto, eredità dell’antico letto di un fiume che immaginiamo di dimensioni imponenti. La coltura segue i dettami del biologico e del biodinamico e, ci spiega Antonello, questo può conferire al vino particolarità e difetti che lo possono rendere unico e difficilmente riproducibile.
Chiediamo al nostro ospite quali siano i vitigni autoctoni calabresi e lui parte con un elenco la cui lunghezza ci sorprende. Ci sono il Mantonico e il Mantonico Pinto, il Magliocco, il Gaglioppo, il Greco bianco e il Greco nero, addirittura un Aglianico, quello di Cassano allo Jonio e, infine, la Guarnaccia nera, sulla quale Antonello si sofferma un attimo, per dirci che vuole farne un vino.
Nel tornare verso l’azienda e l’agriturismo che ci ospiterà per il pranzo, ci fermiamo ad ammirare un’antica vite ad alberello del 1923, Guarnaccia nera e Magliocco, e le costruzioni in bio-edilizia tipiche di questa zona. Case fatte con mattoni, frutto dell’impasto di argilla e paglia, e tetti il legno. Calde d’inverno e fresche d’estate.
Arrivati alla Masseria Perugini, Contrada Prato a San Marco Argentano, ci fermiamo in cantina per una piccola verticale al contrario del Mantonicoz, il vino di Mantonico in purezza, prodotto di punta dell’azienda e vino per il quale ci siamo interessati ad essa.
Poi il pranzo, tipico calabrese, con un ricco antipasto fatto di prodotti a “chilometro zero”. Una ricotta sublime, salumi profumati e pastosi, olive al forno che per me sono come le madeleines per Proust, melanzane sott’olio in pefetto equilibrio e un primo che consiste in un bel piatto, dimensione tipica delle pietanze bruzie, di maccarruni, pasta lunga fatta in casa con sola farina e acqua.
Io li prendo al ragout calabrese, ma Antonello un po’ mi sgrida perché, dice, “con il pomodoro si sente meglio il sapore della pasta”. Abbozzo, ma mangio a quattro palmenti!
Durante il pasto, tenuto nel cortile della masseria, cullati da una brezza fresca parliamo un po’ di tutto, dai vini assaggiati, alle piccole storie personali; dalle farine con le quali fare i “tajarin”, al tartufo calabrese nelle sue tante varietà, anche queste, ahimè, ancora sconosciute e di tanto altro, come della vacanza che qui, qualche giorno fa, ha trascorso Jonathan Nossiter.
Ci salutiamo verso le 18, quando il caldo ci offre una tregua, con la promessa di rivederci nelle varie e importanti fiere di vini naturali e con la certezza di aver conosciuto una delle migliori promesse fra i giovani vignaioli italiani.

Vini degustati:
Trebbiano Camillo Donati 2007. Offerto da Antonello che dice:”Lo avevo lì da tempo, chissà se è ancora buono…” Buono? Eccezionale per equilibrio, mantenuto in questi cinque anni. Nessuna sbavatura. Floreale e di un erbaceo intenso. Corpo conferitogli dalla fermentazione in bottiglia. Una piacevolissima conferma.

Mantonicoz 2008
Ecco l’eccellenza della cantina di Antonello. Mantonico pinto in purezza. Sentori erbacei maturi. Al palato una freschezza e sapidità equilibrate dalla struttura di un vino che, sentito quello del 2011 e del 2010, ha bisogno di cinque anni di maturazione , prima di essere bevuto. Elegante, intenso, memorabile. L’erbaceo fresco si fa sentire in tutta la degustazione, da quella olfattiva a quella gustativa. In evoluzione, note minerali che ricordano gli Chablis e gli Chardonnay di Borgogna. Fortemente consigliato.

Tocco Magliocco 2007
Per un malaugurato errore , ma è un peccato veniale, ci viene servito ad una temperatura eccessivamente fredda. Decidiamo di aspettare, ma non resistiamo e versiamo nel bicchiere, sperando di riscaldarlo con le mani. Una nota accentuata di amarena ci colpisce subito, ma è un trompe l’oeil enologico. Dopo qualche minuto, l’evoluzione dei profumi ci trasporta verso un inebriante profumo di rosa canina che, preso il sopravvento, non ci abbandona mai.
Il tannino persistente, ma gentile, fa di questo vino un vino capace di restituirci per mezzo dei sensi tutta la durezza del lavoro di questo produttore. Il Magliocco è vitigno di struttura, capace di regalare emozioni nell’arco di cinque anni, secondo Antonello e il suo Tocco Magliocco lo conferma ampiamente. Io ci ho sentito anche la viola e la liquirizia, ma la nota prevalente è quella della rosa canina (pare di essere in un roseto). Da bere.

Tocco Magliocco 2008
La conferma di quello che ci ha detto Antonello. Manca un anno a questo vino, per raggiungere la maturità papillo-olfattiva che dimostra di avere in potenza. Pazientate fino al 2013, ma, se proprio non ce la fate, bevetelo.

Chora rosso (vino d’annata)
È il vino, indebitamente definito come vino base, con cui l’azienda vuole soddisfare le esigenze di chi vuole bere, per un aperitivo, un vino che abbia una buona struttura.
Uvaggio di Magliocco, Guarnaccia nera, Aglianico di Cassano, Greco nero.
Bell’equlibrio e discreti profumi per un vino che si propone come lieto compagno di un aperitivo o di un pranzo a base di salumi me formaggi freschi.

Chora bianco (vino d’annata)
Uvaggio di Mantonico, Guarnaccia bianca, Pecorello e Greco di Bianco.
Anch’esso nasce come vino leggero da antipasto, ma, signori, che vino!
Floreale e sapido al punto giusto. Perfetto equilibrio al naso e al palato, lascia una bocca pulitissima e un naso ricolmo di profumi leggeri, mai invadenti, eppur presenti. Se ne beva tanto!

Salvatore Donato